Quando pensiamo alla parola creatività, la prima cosa che ci viene in mente è, spesso, qualcuno di, appunto, creativo ossia qualcuno che dà alla luce qualcosa di artistico. Molto spesso è così, però, capitano spesso anche casi in cui qualcuno crea, per l’appunto, qualcosa che non è per nulla artistico ma, invece, è qualcosa di tecnico, di scientifico o che, in nessun modo ha a che fare con le arti.
È questo, per esempio, il caso di programmatori che trovano o creano una soluzione per far funzionare un particolare applicativo o, magari, il caso di cuochi che inventano un piatto particolare. Nessuno dei due casi ha a che fare in senso stretto con l’arte, ma in entrambi i casi si è trovata una via alternativa proprio grazie alla creatività.
La creatività, quindi, è un qualcosa che tutti abbiamo e che tutti, in maniera minore o maggiore, utilizziamo nella vita di tutti i giorni; la questione è che, purtroppo, spesso, tagliamo le ali alla nostra creatività con alcuni pensieri limitanti che ci tengono bloccati a terra e, si fa per dire, al riparo nel perimetro che già conosciamo troppo bene.
Quando vogliamo liberarci di questi pensieri, possiamo anche applicarci a fare tutti gli esercizi possibili e immaginabili per stimolare la nostra creatività, ma fintanto che non riusciremo a sbarazzarci di questi pesi mentali, non faremo molta strada.
Ma allora, la questione è quali sono questi pensieri che ci bloccano?
Il giudizio delle altre persone
Una delle prime cose che dobbiamo tenere bene a mente è che il giudizio che le altre persone hanno di noi o, per meglio dire, quello che noi temiamo essere il loro giudizio nei nostri confronti è, a tutti gli effetti un qualcosa che blocca sia noi che la nostra creatività.
Quando noi non facciamo, non creiamo qualcosa che sappiamo essere dentro di noi e che vuole uscire fuori, ma a cui non diamo possibilità di uscire per il timore di quello che gli altri potrebbero pensare di noi, beh, allora stiamo tarpando le ali alla nostra creatività.
Che ci piaccia o no, gli altri giudicheranno quello che siamo o quello che facciamo e non avremo nessun controllo a riguardo; e, comunque, se ci pensiamo bene, non abbiamo nemmeno la possibilità di influenzare nemmeno lontanamente quello che gli altri pensano di noi.
Allora, così stando le cose, non abbiamo altra possibilità che imparare a farci scivolare addosso quello che gli altri pensano di noi per evitare che questi giudizi (non espressi ma, a volte, nemmeno pensati) possano rappresentare per noi un ostacolo.
Questo è tanto più vero quanto facciamo della creatività il nostro lavoro; la propria realizzazione professionale e personale ha, sicuramente, molti ostacoli, ma, per altrettanti ostacoli, esistono anche le relative soluzioni, come discusso ad esempio in molti degli articoli pubblicati su La Voce del Daimon.
Il giudizio di noi stessi
Già che si parlava di giudizi, un’altra cosa da tenere in grande considerazione non è tanto il giudizio che gli altri hanno di noi quanto, invece, il giudizio che noi abbiamo di noi stessi che, spesso, è ancora più duro di quello che altre persone potrebbero esprimere su di noi.
Chiaramente, come dire, “un po’” di giudizio su noi stessi va anche bene perché il giudicarci sempre positivamente e in maniera acritica non fa certo bene al nostro progresso. Ma, allo stesso modo, non fa bene al nostro progresso neanche essere troppo severi nei nostri confronti.
Quando questo succede, allora, la cosa migliore che possiamo fare è non considerare quello che facciamo come un frutto definitivo e immutabile del nostro lavoro, quanto invece dobbiamo imparare a vedere ciò che facciamo come una specie di work in progress, in cui non esiste mai un punto di arrivo definitivo, ma esistono, invece, una serie di step intermedi attraverso i quali noi abbiamo la possibilità di migliorare noi stessi e il nostro lavoro.
La trappola della paura del risultato finale
Già che si parlava di perfezione, spesso, purtroppo, pensiamo al risultato finale che noi vorremmo ottenere come un qualcosa di perfetto e che, quindi, per estensione “deve funzionare” alla prima, problema questo spesso molto collegato a nuove imprese e attività professionali.
Se noi leghiamo la nostra creatività al risultato finale, allora, quello che otterremo alla fine sarà, nella migliore delle ipotesi, un pallido riflesso di quello che avremmo potuto ottenere se, invece, avessimo dato tutti noi stessi senza paura di quello che sarebbe potuto succedere dopo.
Un qualcosa che, per esempio, sanno bene i consulenti di marketing più creativi.
Una possibile soluzione a questo ostacolo è il non vedere quello che facciamo come un qualcosa che viene creato per sviluppare il nostro ego, ma piuttosto qualcosa a cui noi diamo vita perché, appunto, abbiamo dentro di noi questa spinta creativa che vuole venire fuori alla luce, senza pensare poi troppo ai risultati che otterremo (se mai li otterremo).